Il Dolore

Cos’è il dolore. Misurare, comprendere e combattere il dolore. Ruolo del Medico di famiglia. Il Dolore Osteoarticolare. La gestione del Dolore in Ortopedia. Dolore acuto, che fare?

A cura di Cesare Betti

Cos’è il dolore

Il dolore non è soltanto un sintomo, ma un vero e proprio disturbo, tra i più diffusi a livello mondiale e anche tra quelli meno diagnosticati e curati. Il dolore, e la sofferenza che ne deriva, è una sensazione soggettiva, alla quale ogni persona risponde in modo individuale, ed è influenzata da numerosi fattori, interni ed esterni. La prima e più completa definizione del termine dolore è dell'”u201dInternational Association for the Study of Pain”u201d (IASP), che nel 1986 descrive il problema come “u201cun’esperienza sensoriale ed emotivamente spiacevole associata a un effettivo o potenziale danno tissutale o descritta come tale”u201d.

I risultati di una grande indagine
Secondo “Pain in Europe”, la più grande indagine mai condotta sul dolore cronico che ha coinvolto oltre 46.000 persone, ha rilevato che 1 adulto su 5 soffre di dolore cronico da moderato a severo, le giornate lavorative perse sono state 500 milioni e che ai governi costano all’incirca 34 miliardi di euro ogni anno. Inoltre, il 5% degli europei con dolore cronico-severo è trattato in modo inadeguato o insufficiente. Il 26% dei malati aspetta oltre 3 mesi prima di rivolgersi al medico e ben il 20% convive con il dolore per oltre 20 anni. La Norvegia è il Paese europeo a più alta incidenza di dolore (30%), seguita da Polonia (27%) e da Italia, dove 1 adulto su 4 ha un dolore cronico (26% della popolazione, circa 15 milioni di abitanti). Sempre nel nostro paese sono circa 15 milioni le persone colpite, il 50% donne, che soffrono per dolori cronicizzati nel tempo.
Dai risultati di un’altra indagine europea più recente, “The Painful Truth Survey”, emerge che oltre un terzo di queste persone ha difficoltà a svolgere le normali attività di tutti i giorni. A risentire soprattutto di questa situazione sono anche le finanze delle famiglie: per 3 pazienti su 10, infatti, il reddito si riduce di circa un terzo. Sempre in Italia, il 27% dei malati lamenta problemi sul posto di lavoro, con una media di 12,5 giorni di assenza l’anno.
Sempre secondo i risultati dell’indagine”The Painful Truth Survey”, sono i dolori muscolari e ossei (5,5 ore a settimana), l’artrite e il dolore di schiena (5,2 ore) a essere i principali responsabili della perdita di tempo produttivo, e 1 adulto su 5 soffre di dolore cronico, cioè ben 95 milioni di persone, una popolazione più numerosa dei diabetici, che sono 60 milioni.
Le persone convivono con il dolore cronico mediamente per circa sette anni e circa un quinto del campione ne ha sofferto per oltre 20 anni. Infine, 4 persone su 10 hanno grandi difficoltà nella gestione dei figli a causa del dolore cronico e il 5% non è in grado di accudirli.Quanto costa la “malattia dolore”
La spesa per la “malattia dolore” rappresenta il 2% del Prodotto Interno Lordo dei Paesi europei e corrisponde al costo dei servizi sanitari e farmaceutici, assenteismo dal lavoro, perdita di reddito, assenza di produttività in ambito economico e domestico, aumento del carico finanziario per familiari e datore di lavoro, costi per il risarcimento ai lavoratori e l’assistenza sociale. Il dolore acuto non controllato non solo implica costi maggiori per degenze più lunghe, ma anche perdita di produttività.MISURARE, COMPRENDERE E COMBATTERE IL DOLORE
La valutazione del grado di intensità di un dolore acuto si basa su una scala numerica da 0 a 10: 0 rappresenta assenza di dolore e 10 il maggior dolore avvertito dalla persona.
La legge numero 38 del 15 marzo 2010 offre una precisa indicazione sulla necessità di registrare il dolore nella cartella clinica, di segnalare la cura prescritta e il risultato ottenuto in termini numerici. Per verificare se e quanto un trattamento antidolorifico sia efficace, si valuta se è stato ridotto il valore numerico che il malato attribuisce al dolore prima e dopo la cura. La misurazione del dolore cronico, invece, si effettua su valutazioni più complesse, basate sull’impatto che questo sintomo ha nella vita di tutti i giorni e sulle capacità funzionali, psicologiche e lavorative della persona.
Per quanto riguarda il dolore acuto, secondo Cesare Bonezzi, consulente dell’Unità di Terapia del Dolore presso l’IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, la valutazione della sua intensità non ha un valore diagnostico, ma serve soltanto a dare un’indicazione della sofferenza in quella determinata persona e in quel preciso momento. Tuttavia, la valutazione può essere usata anche come indicatore per scegliere in modo più appropriato la dose di farmaco da somministrare. In altre parole, maggiore è l’intensità del dolore, più potente deve essere il farmaco e a dosaggio più elevato. Purtroppo, però nella pratica clinica non è sempre così.

Come scegliere il farmaco
Prima di scegliere un farmaco, il terapista del dolore deve capire i processi che stanno alla base del dolore e i meccanismi che l’hanno causato. Soltanto in questo modo, è possibile prescrivere la giusta dose di farmaco in base alle condizioni del malato, la durata della cura e le eventuali interazioni farmacologiche. L’intensità del dolore, inoltre, può aiutare il medico nella scelta della dose, anche se non è una condizione determinante, perchè corre il rischio di prescrivere un elevato dosaggio di farmaco, dovuto alla forte intensità del dolore dichiarata dal malato. Come conseguenza, si può avere la comparsa di effetti collaterali anche seri, che possono indurre il malato a sospendere di sua iniziativa la cura.

Le aspettative dei malati
In genere, chi soffre, desidera tornare a casa con la speranza di non soffrire più. Ma purtroppo non sempre questo avviene, e il malato può essere deluso per le continue visite a cui viene sottoposto, spesso senza risultato. Il medico non ha le armi per attuare il “miracolo” desiderato, anche se in molti casi la situazione può essere affrontata e risolta con una visita accurata, con un piano terapeutico convincente e con l’instaurarsi di un rapporto d’aiuto che molte volte va ben oltre i farmaci.
Un’altra importante aspettativa del malato è di essere creduto quando dice di avere dolore. Molte volte, infatti, le cause del dolore non sono visibili o dimostrabili, e pertanto ha paura di non essere creduto, poichè non può dimostrare quanto soffre. Tale situazione spiega anche l’elevato numero di esami ai quali è sottoposto chi ha dolore. Purtroppo, nessun esame è in grado di rappresentare il dolore. Soltanto una visita accurata della parte coinvolta dal dolore può dare importanti indicazioni e a volte persino di documentare il male ed essere curato nel migliore dei modi. Una cura adeguata in base al tipo di dolore, infatti, riduce la percentuale di complicanze: se trattato in modo non corretto, il dolore può diventare più intenso, diffondersi in altre zone ed essere più difficilmente controllabile.

IL RUOLO DEL MEDICO DI FAMIGLIA NEL CAPIRE E CURARE IL DOLORE
Spesso, è il medico di famiglia il primo referente dei malati con dolore acuto. Ma per capire l’origine, è necessario seguire un determinato percorso diagnostico. Come? Ecco il parere di Ovidio Brignoli, medico di Medicina Generale e Vicepresidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG). Regola fondamentale è fare una diagnosi corretta, partendo dapprima con un attento esame che comprenda la storia del malato, dei familiari e del suo dolore. Il medico lascia che il paziente racconti quello che sente, poi inizia a fare una serie di domande, come sede del dolore, durata, caratteristiche, modalità di comparsa, irradiazione. Importante è anche sapere se il malato ha già preso farmaci o altro. Terminata questa specie di “intervista” approfondita, il medico passa alla visita medica vera e propria, sempre importante specialmente se il dolore è all’addome o al torace. Questa visita va fatta in un certo modo, iniziando la palpazione da un punto lontano da dove ha origine il dolore, in maniera leggera e poi sempre più profonda, con manovre che possono anche provocare un certo dolore.
La storia del malato e la visita sono molto importanti, perchè possono aiutare il medico di medicina generale a capire meglio il tipo di dolore: viscerale (dovuto a un’infiammazione del peritoneo, la membrana che riveste le pareti della cavità addominale e i visceri che contiene), infiammatorio (per esempio, estrazione dentale), centrale (lesione del sistema nervoso).

Farmaci diversi in base al tipo di dolore
Ogni tipo di dolore prevede l’uso di farmaci diversi. Gli antinfiammatori non steroidei (come i FANS e i coxib) sono i più indicati per tenere sotto controllo il dolore di tipo infiammatorio. Per non incorrere in spiacevoli effetti indesiderati, prima di prescrivere il farmaco, la dose e la durata della cura, è sempre meglio che il medico chieda alcune informazioni al malato, in particolare se il trattamento deve durare a lungo. Per arrivare a una diagnosi corretta, spesso non occorre sottoporre la persona a esami di laboratorio o radiografici: l’ecografia o la TAC si chiedono soltanto in presenza di sospetti importanti. La possibilità di un armamentario farmacologico diversificato da utilizzare per i diversi tipi di dolore è fondamentale per i medici di Medicina Generale, riprende Ovidio Brignoli. Avere a disposizione un numero sempre maggiore di farmaci efficaci e ben tollerati, infatti, è importantissimo. Su cento pazienti che si presentano nello studio medico, circa la metà chiede di essere visitato e curato per problemi dolorosi e, tra questi, quello più frequente è il mal di schiena, che può avere origine da cause molto diverse tra loro.
Negli ultimi anni sono stati compiuti grandi passi avanti sia nella comprensione dei meccanismi che stanno alla base del sintomo dolore, spesso vera e propria malattia, sia nella scoperta di nuovi principi attivi che agiscono sulla comparsa stessa del dolore e dotati di grande efficacia e ottime tollerabili.

IL DOLORE OSTEOARTICOLARE: ESPERIENZA QUOTIDIANA PER OLTRE 5 MILIONI DI ITALIANI
Le malattie osteoarticolari, conosciute più comunemente con il termine di malattie reumatiche o reumatismi, interessano circa il 10% della popolazione mondiale. Si distinguono in forme infiammatorie e in forme degenerative. In genere, le malattie reumatiche infiammatorie sono caratterizzate da un’evoluzione cronica che, se non curata, può portare alla comparsa di danni irreversibili alle strutture articolari, con grave disabilità e invalidità. In Italia sono almeno 5 milioni e mezzo le persone colpite da una forma osteoarticolare e quelle più diffuse sono l’artrosi, l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante.
Secondo il professor Marco Matucci Cerinic, ordinario di Reumatologia all’Università degli Studi di Firenze e Direttore di Reumatologia presso l’Azienda Ospadaliero-Universitaria di Careggi (Firenze), tra tutte queste, l’artrosi è la malattia osteoarticolare più frequente, in quanto colpisce il 10% della popolazione generale con oltre 60 d’età. Almeno l’80% di questi malati ha una limitazione funzionale di grado diverso e il 25% di loro non può svolgere le normali attività di tutti i giorni.

La più frequente è l’artrosi
L’artrosi è caratterizzata da degenerazione del tessuto cartilagineo articolare e sono colpiti quasi tutti i distretti, anche se ginocchia, anche, piedi, colonna vertebrale e mani sembrano essere quelli più colpiti. Il sintomo principale è il dolore articolare, al quale segue la disabilità funzionale della zona interessata. Il dolore è fortissimo, inizia in maniera subdola e intermittente, che alla fine si manifesta con la perdita funzionale.
All’origine della sintomatologia dolorosa c’è un processo degenerativo, che con il tempo determina il cedimento della cartilagine e l’impossibilità di muovere l’articolazione. Moltissimi studi, inoltre, hanno dimostrato che lo stesso dolore tende a cronicizzare, a volte può avere un impatto devastante sulla vita lavorativa e di relazione del malato.

Le altre malattie osteoarticolari
L’artrite reumatoide colpisce in Italia circa mezzo milione di persone, in prevalenza donne. La sintomatologia è a carattere infiammatorio e si presenta sotto forma di gonfiore articolare, difficoltà nei movimenti e dolore. Le articolazioni più spesso colpite sono quelle di mani e piedi. È fondamentale diagnosticare al più presto questa malattia, in modo da rallentare la sua evoluzione ed evitare la comparsa di danni. Purtroppo, ancora oggi la diagnosi di artrite reumatoide è invece spesso tardiva. Più frequente dell’artrite reumatoide è l’artrite psoriasica, che interessa circa l’1% della popolazione. Le zone interessate dal processo infiammatorio sono pelle, unghie e articolazioni.
Infine, la spondilite anchilosante è una malattia non molto frequente, che colpisce tra lo 0,1 e lo 0,4% della popolazione mondiale, tre volte più frequente nel sesso maschile rispetto al sesso femminile, e caratterizzata da un interessamento della colonna vertebrale, alla quale si associa un’infiammazione progressiva e molto dolorosa delle articolazioni sacro-iliache.

LA GESTIONE DEL DOLORE IN ORTOPEDIA
I vari tipi di dolore che l’ortopedico si trova ad affrontare più spesso sono rappresentati dal dolore cronico associato a patologie degenerative osteo-articolari. Si tratta di situazioni che interessano maggiormente le persone anziane e il dolore compare in seguito a traumi, come distorsioni, botte o fratture, può essere più o meno intenso a seconda della serietà del trauma: per esempio, in caso di frattura, il male è molto intenso, così come gli strappi muscolari.
Come ha sottolineato Paolo Cherubino, Presidente della SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT), direttore dell’U.O. di Ortopedia e Traumatologia, presso l’A.O. Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese, la comparsa di dolore in seguito a interventi chirurgici è frequente in ortopedia e spesso dipende dalla qualità dei farmaci anestetici somministrati prima dell’operazione. Per esempio, un soggetto operato in anestesia generale per l’inserimento di una protesi al ginocchio, trattato subito dopo l’operazione con farmaci oppioidi, può avere un dolore meno controllato rispetto a un altro soggetto trattato subito dopo con farmaci antinfiammatori somministrati attraverso un catetere. Almeno il 30% delle persone, infatti, non risponde alla somministrazione dei farmaci oppioidi.
Tutti gli interventi ortopedici più importanti causano dolore. Non si tratta di un problema di ossa, ma dovute alle strutture vicine, come le capsule articolari, i muscoli e le loro fasce, ricche di terminazioni nervose. Tra gli interventi che causano dolore di forte intensità ci sono anche le operazioni alle vertebre nella parte anteriore della schiena e alle articolazioni della parte posteriore, poichè sono ricchissimi di terminazioni nervose. Ecco perchè una sciatica può bloccare i movimenti di una persona per giorni con un dolore acutissimo.

Le strategie per vincere il dolore in ortopedia
Le opzioni terapeutiche a disposizione dell’ortopedico sono numerose e si basa sulle caratteristiche del malato e sugli eventuali effetti collaterali, così come deve tener conto anche dell’efficacia dei farmaci usati.
I principi attivi più usati per la cura del dolore osteoarticolare sono gli antinfiammatori non steroidei (FANS). In particolare, etoricoxib possiede un’elevata azione analgesica e antinfiammatoria associata a un buon profilo di tollerabilità gastrointestinale, facendolo diventare un punto di riferimento nella cura del dolore e dell’infiammazione associati alle malattie osteo-articolari più spesso gestite in ortopedia.

DOLORE ACUTO, CHE FARE?
Durante il secolo scorso, l’approccio alla cura del dolore ha subito un cambiamento notevole. Infatti, se prima esso veniva considerato soltanto un sintomo che indicava che qualcosa non andava per il verso giusto, sempre più spesso oggi il dolore viene visto come un elemento che indica la presenza di una malattia. In particolare, il dolore cronico può essere ritenuto una malattia anche per i meccanismi che ne stanno all’origine e che lo sostengono una volta fatta la sua comparsa.
Tuttavia ci sono alcune difficoltà nel gestire la cura del dolore di tutti i giorni che è importante tenere in conto. La necessità di avere farmaci dotati di efficacia e di rapidità nel controllare il dolore porta il più delle volte il medico a prescrivere principi attivi da somministrare per iniezione. Spesso, sono sufficienti poche iniezioni per poi passare ai farmaci da prendere per bocca per ridurre o per eliminare anche un dolore di forte intensità. A volte, poi, la possibilità di somministrare un farmaco per via sottocutanea già pronto in una siringa pre-riempita può aiutare il malato.

Problema quotidiano
Data la loro grande frequenza, ogni giorno il medico ha a che fare continuamente con il dolore, precisa Paolo Cherubino, presidente della Società italiana di ortopedia e traumatologia. Per il malato, il dolore è un’esperienza spiacevole, spesso vissuta con un’importante componente emozionale. Nella maggior parte dei casi, esso rappresenta il motivo più importante per cui una persona si rivolge allo specialista, e la risoluzione o la riduzione di tale sintomo è una costante richiesta da parte del malato e il suo principale obiettivo.
Per una corretta terapia, è importante distinguere tra dolore acuto post-traumatico, post-chirurgico e dolore dovuto a malattia ortopedica. La valutazione dell’intensità del dolore con adeguati strumenti, come la scala VAS, è un fattore fondamentale per stabilire il trattamento migliore e l’efficacia della cura, oltre a essere diventata obbligo di legge in seguito dell’approvazione della legge 38 del 15 Marzo 2010, che pone l’Italia all’avanguardia in Europa nella terapia del dolore.
Inoltre, se non trattato o trattato in maniera non adeguata, cronicizza, scatenando una reazione psicologica e fisica che trasforma il dolore da sintomo a condizione patologica a sè stante, continua Paolo Cherubino.

Vari tipi di dolore
Per una corretta gestione, è necessario distinguere i vari tipi di dolore e scegliere il farmaco più indicato e la migliore via di somministrazione. Questa scelta deve basarsi su fattori che riguardano le caratteristiche dei sintomi, l’età della persona, la presenza di altre malattie e gli eventuali effetti collaterali che i farmaci possono scatenare. In genere, vengono somministrati farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans), che però presentano una serie di effetti avversi, tra cui un maggior rischio di sanguinamento e di complicanze gastrointestinali e renali. Questi effetti sono più frequenti nelle persone anziane, che spesso sono in cura con più medicine, con frequenti interazioni farmacologiche. Per questi motivi, è meglio usare un farmaco che dia un rapido sollievo, una via di somministrazione utilizzabile da tutti (come quella intradermica) e la possibilità di impiegare il dosaggio minimo efficace per quella persona.

Il dolore nelle malattie osteo-articolari
Tra le malattie che più di frequente scatenano dolore ci sono quelle osteo-articolari, chiamate più comunemente malattie reumatiche o reumatismi. Si tratta di un numeroso gruppo di disturbi, che colpiscono circa il 10% circa della popolazione mondiale, mentre in Italia sono almeno 5 milioni e mezzo le persone colpite. Si distinguono in forme infiammatorie e in forme degenerative. Di solito, le malattie reumatiche infiammatorie sono caratterizzate da un’evoluzione cronica che, se non curata, può portare alla comparsa di danni irreversibili alle strutture articolari, con grande disabilità e invalidità.

Il trattamento del dolore in reumatologia
Ancora oggi, i farmaci antinfiammatori non-steroidei (Fans) sono un importante gruppo di principi attivi molto usati per il trattamento delle malattie reumatologiche e per il controllo delle fasi acute.
Un’indicazione molto importante per l’impiego di questi farmaci in reumatologia riguarda le situazioni che si manifestano con dolore molto intenso e che devono essere sedate subito, precisa Ignazio Olivieri, presidente eletto della Società italiana di reumatologia.
Le malattie che si possono presentare in questo modo sono numerose. Oltre all’artrite reumatoide, all’artrite psoriasica e alla spondilite anchilosante, vanno ricordate le artriti dovute alla presenza di microcrisatalli come la gotta, la condrocalcinosi e la malattia da idrossiapatite. Anche l’artrosi può manifestarsi sotto forma di crisi molto dolorose alle articolazioni che necessitano di un intervento tempestivo. Spesso, questi episodi sono causati da reazioni infiammatorie della membrana sinoviale. Infine, dolore articolare può verificarsi anche in malattie non strettamente articolari, come le infiammazioni dei vasi e del connettivo.

I Fans: consigli per un impiego sicuro
I farmaci antinfiammatori non steroidei sono ampiamente usati nella pratica clinica: vengono utilizzati in diverse malattie, sia per il trattamento del dolore acuto sia come antinfiammatori, data la loro notevole efficacia.
I principi attivi presenti in Italia che fanno parte di questa classe sono numerosi, la maggior parte dei quali si vendono anche senza prescrizione medica, precisa Guido Fanelli, ordinario di anestesia e rianimazione, all’Università degli studi di Parma e presidente della Commissione per l’attuazione legge 3810, Ministero della salute di Roma. I Fans vengono spesso acquistati per autoprescrizione o per automedicazione da parte dello stesso paziente. I motivi più importanti sono dovuti alla notevole efficacia nella cura di molte malattie e la loro pronta disponibilità. Tuttavia, l’autoprescrizione e l’automedicazione espongono spesso queste persone a un possibile aumento del numero di effetti collaterali.
Nel 2012, il profilo di sicurezza di questi farmaci, soprattutto il rischio cardiovascolare a essi correlato, è stato oggetto di studi da parte dell’Agenzia europea del farmaco, continua il cattedratico. La revisione degli studi è terminata nel giugno 2013, evidenziando alcuni punti importanti: prima di tutto, oltre agli effetti indesiderati all’apparato digerente, esiste anche un rischio a livello cardiovascolare, rischio diverso per quanto riguarda gli antinfiammatori non steroidei.

Quale farmaco scegliere?
Nella pratica, la scelta del principio attivo da usare deve basarsi sulla valutazione del rischio soprattutto a livello cardiovascolare e gastroenterico di ogni farmaco e del malato da curare. Alcune semplici regole, tuttavia, possono aiutare il medico nella scelta del medicinale da usare:

  • somministrare la dose minima efficace per il minor tempo indispensabile;
  • se possibile, evitare l’associazione dei vari Fans con cortisone, acido acetilsalicilico e antiaggreganti piastrinici;
  • usare di preferenza principi attivi ritenuti più sicuri (diclofenac, nimesulide, ibuprofene, Cox-2);
  • ridurre l’uso dei Fans potenzialmente più tossici per l’apparato digerente (ketorolac, piroxicam e ketoprofene), soprattutto nelle persone predisposte a queste complicanze;
  • nei pazienti a rischio cardiovascolare, evitare l’uso dei Coxib, diclofenac e ibuprofene ad alti dosaggi.
  • Il caso diclofenac
      • Il diclofenac è tra i Fans più usati, a causa del profilo di sicurezza gastrointestinale e della notevole efficacia antidolorifica. Inoltre, ha un rischio cardiovascolare correlato alla dose somministrata, che aumenta per dosaggi elevati, fino a essere sovrapponibile a quello dei farmaci Cox-2 selettivi. Tali rischi possono verificarsi soltanto in caso di uso prolungato e non in caso di assunzione occasionale.
      • Inoltre, la recente commercializzazione di bassi dosaggi di diclofenac somministrati per via sottocutanea permette di mantenere invariata la sua efficacia antidolorifica, riducendo la probabilità di avere complicanze cardiovascolari.
      Tra i farmaci antinfiammatori non steroidei più usati, il diclofenac somministrato per via intramuscolare ha sempre rappresentato un’arma utile per la terapia del dolore reumatologico acuto e intenso. L’avere a disposizione un preparato flessibile nella scelta della dose (25, 50 e 75 milligrammi) e che può essere somministrato anche per via sottocutanea ottimizza ancor più l’uso di diclofenac nel trattamento del dolore acuto in reumatologia.